Intervista all'autore, Alessandro Molteni

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LA TESTIMONIANZA

 

Nella vita accadono fatti, tutti i giorni, a tutte le persone. Ma perché i fatti diventino testimonianza occorre un soggetto attivo, che scoprendoci un certo interesse, decida di divulgarlo: il Testimone.

Per dare testimonianza di un evento è necessario dotarsi di tecniche capaci di tramandarlo. Le prime furono probabilmente gestuali, poi verbali, quindi grafitiche, cantate e finalmente: scritte. Oggi esistono sopratutto tecniche visive, più immediate. Quindi…

Perché un accadimento sia efficacemente tramandato serve un testimone che decida di narrarlo, una qualsiasi tecnica che tale soggetto sia in grado di gestire e qualcuno di buona volontà, che sia interessato a ricevere la testimonianza in questione. La mancanza anche di solo uno di questi fattori, pregiudica irrimediabilmente l’intero processo. Infatti…

Un fatto senza testimoni non e' tramandato. Un fatto con i testimoni che decidono però che non e' importante, non e' tramandato. Un fatto importante con testimoni che ahimè non hanno però mezzi per comunicarlo, non e' tramandato. Stesso effetto con testimoni che decidono che e' importante e pur avendo i mezzi, si accorgono che non interessa a nessuno.

Prima considerazione: testimoniare non è facile.

Un fatto importante può essere bruciato da un testimone incapace, oppure capace ma di pochi mezzi. Al contrario di come invece, una fatto insignificante può diventare un evento epocale se testimoniato abilmente, o supportato da poderosi mezzi di comunicazione.

Nei secoli queste tecniche si sono perfezionate anche se la formula è rimasta sempre la stessa: c'è soltanto una storia, una verità e le emozioni che è in grado di trasmettere.

Un sociologo russo, dopo i fatti del 1989, ha pubblicato in un suo scritto una interessante punto di vista, che citava: "sono stati gli scrittori, e non gli esperti o gli studiosi a rivelare la verità su ciò che è accaduto."

Il problema principale resta quindi: le storie che sono qui a testimoniare sono importanti? Giudizio soggettivo. Dipende dal crederci o meno. Io ci credo, quindi le propongo.

La seconda verifica è più impegnativa: il testimone e' valido?

A questa domanda qualche tempo fa avrei risposto deciso di no. Ma un paio di considerazioni vanno comunque fatte. Molte delle storie che racconto, pur se mascherate da trame romanzate e personaggi inventati, le ho vissute da "dentro" per anni, le ho subite, le ho viste maturare e negli occhi dei miei amici ho colto le emozioni di quello che stava per succedere. Poi l'ho visto succedere e raccontare dalla gente di "fuori". Esperti e stampa specializzata.

Non sono uno scrittore, non sono un consulente aziendale, non sono un giornalista o un letterato, tantomeno un Super Manager. Non sono nessuno. Ma quando e' arrivata la botta io ero là puntuale a riceverla. Gestivo le mie paure e cercavo di raccogliere le idee per venirne fuori. Tutto poi, e' successo di conseguenza.

Resta l’ultima e più importante verifica: a chi può interessare?

Potenzialmente la risposta sta nella stessa storia che si vuole raccontare. E le mie, seppur condite di ironia e umorismo, girano tutte attorno a fatti di sofferenza.

La sofferenza è banale e ahimè troppo comune per sentire anche il bisogno di tramandarla, casomai bisognerebbe negarla, quasi che il rifiuto di guardarla sia un sistema per evitarla.

Le grandi storie cambiano il mondo, ma è con le piccole vicende di tutti i giorni che la gente si deve confrontare e passo dopo passo, dentro quegli avvenimenti, mi sono convinto che i veri eroi, sono quelli che riescono a quadrare i bilanci quotidiani e con stipendi da fame, vivere dignitosamente e mantenere in serenità le proprie famiglie.

Non è una visione pessimistica, tutt'altro, apprezzo le persone molto di più di quanto facevo nel passato.

Chi vive nella povertà, in nazioni industrialmente avanzate, se ne fa una colpa del suo stato sociale, se ne vergogna e si nasconde. Nell'Europa, la povertà è sempre stata presente, tanta e spietata. L’Inghilterra, ha una intera letteratura dedicata alla povertà (Dickens). La Francia, si è rivoltata e ha cambiato la storia, ma non la povertà dei suoi cittadini. La Russia, 150 anni dopo la presa della Bastiglia ha fatto altrettanto ma i risultati…

La tecnologia avanza decisa, ma il benessere non e' per tutti.

Gli esperti hanno sentenziato che nel succedersi dei cicli economici, quelli negativi sono sempre più frequenti, sempre più lunghi e sempre più profondi. Durante questi cicli negativi, oltre i posti di lavoro, si perdono molti dei progressi sociali conquistati con sudore nel periodo di positività. Si creano perciò, ricchezze favolose e povertà sempre più consistenti.

E se le persone non lavorano si sentono doppiamente colpevoli, prima di non produrre (e quindi di non guadagnare), poi di non consumare (quindi di non spendere). Un "circolo vizioso". Condannati a comperare quello che produciamo per poter continuare a produrre. Ma gli operai o impiegati messi in mezzo ad una strada non compreranno più e con l’andare del tempo, saremo forse testimoni dei primi licenziamenti di robot nella storia post-industriale.

Ci lamentiamo tutti, che le cose non possono continuare cosi, ma si va avanti sperando in qualcuno o qualcosa in grado di cambiarle.

Prendere l'iniziativa di raccontare questi fatti mi fa sentire un bracconiere a caccia di frodo in un terreno non mio (similitudine presa in prestito). E’ una vita che mi sento inadeguato, prima o poi dovevo ben cominciare e mi pento di non averlo fatto prima.

 

Alessandro Molteni